oggi 23 febbraio 2018 | il mondo unito in preghiera e digiuno per la pace

La Chiesa prega oggi per la pace nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sud Sudan, due Paesi attraversati da conflitti che stanno uccidendo e affamando le popolazioni locali, ma il pensiero si estende a tutto il mondo in guerra. E' il Papa che ha indetto questa Giornata mondiale di digiuno e preghiera e oggi anche sul suo account in un tweet ha scritto: "Il nostro Padre celeste ascolta sempre i suoi figli che gridano a Lui nel dolore"
Due Paesi devastati dalle violenze

In Sud Sudan la guerra civile è scoppiata due anni e mezzo dopo l’indipendenza del 2011 e ha causato finora oltre centomila morti e milioni di sfollati.  In Repubblica Democratica del Congo all’instabilità politica dovuta al rifiuto dell’ex Presidente Joseph Kabila di lasciare la carica e indire nuove elezioni si aggiungono le violenze con i gruppi armati delle regioni orientali del Kivu. Quattro milioni gli sfollati, mentre sono continui i rapimenti di civili e sacerdoti.
http://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2018-02/preghiera-digiuno-congo-sud-sudan-tutto-il-mondo.html

Post pubblicati da Nigrizia e dal Movimento non violento
http://www.nigrizia.it/notizia/rd-congo-transizione-democratica-con-il-sostegno-della-chiesa/blog
Nella Repubblica democratica del Congo 13 milioni di persone rischiano di morire perché non hanno cibo. Ci dice l’Onu che è necessario 1 miliardo di dollari per fare fronte all’emergenza umanitaria nella nazione più ricca dell’Africa quanto a risorse del suolo e del sottosuolo.


A destabilizzare ampie aree del paese, sono soprattutto i conflitti nel Kasai al sud e nelle province del Nord e Sud Kivu nell’est, dove più di 100 gruppi armati si contendono il controllo del territorio e dunque delle risorse minerarie: le vittime si contano a decine di migliaia. Per poter vivere, la popolazione è costretta a lavorare nelle miniere illegali di coltan, oro, cobalto in condizioni disumane, sottoposta a soprusi e violenza continue.

A chi giova questa situazione? All’industria armiera e ai suoi mercanti, sicuramente. Ma anche ai governi di Rwanda e Uganda che, con la complicità del governo di Kinshasa e tramite l’impiego di milizie armate, si assicurano parti consistenti della ricchezza prodotta. Lo statu quo fa comodo anche alle imprese minerarie straniere attive in varie parti del paese, con il benestare dei governi delle loro nazioni di origine. In assenza di controlli, le imprese dichiarano al fisco ciò che vogliono e se il governo vuole imporre un aumento di tasse minacciano rivolte e caos (come è già successo).

La situazione così com’è fa comodo anche a noi che possiamo acquistare cellulari e computer portatili a costi contenuti perché il coltan utilizzato dalle industrie proviene in gran parte dal Kivu, a prezzo di sfruttamento, anche del lavoro minorile.

Da ultimo, le cose così come stanno, fanno il gioco del presidente Joseph Kabila che si rifiuta di lasciare il potere dopo aver terminato il suo secondo e ultimo mandato a fine dicembre 2016. Nelle ultime settimane, il 31 dicembre 2017 e il 21 gennaio 2018, ha scatenato le forze dell’ordine contro manifestazioni pacifiche della società civile e del mondo cattolico (non sono state risparmiate le celebrazioni religiose), che gli chiedevano di farsi da parte perché possa aprirsi una fase di transizione che porti al voto entro il 2018 (come previsto dall’accordo di San Silvestro 2016 tra governo e opposizione). Il bilancio è stato di numerosi morti, feriti e arrestati.

Nei giorni scorsi le autorità sudanesi hanno rilasciato decine di detenuti arrestati durante le manifestazioni contro il carovita svoltesi a Khartoum e nelle città gemelle di Omdurman e Khartoum Nord nelle settimane passate. Tra di loro vi sono anche diversi leader dell’Umma Party, il maggior partito di opposizione, di ispirazione islamico-moderata. Sono invece ancora in carcere i leader dei partiti di sinistra, il partito Comunista sudanese e il partito del Congresso sudanese. Farouk Abu Issa, leader del National Consensus Forces (NCF), una rete di forze dell’opposizione, ha osservato che un simile comportamento ha chiaramente l’obiettivo di dividere l’opposizione, ma che la manovra non riuscirà.

Il direttore dei servizi di sicurezza, Salah Gosh - rinominato pochi giorni fa al posto che aveva ricoperto fino al 2009 e dopo essere stato arrestato, nel 2011, con l’accusa di aver preparato un colpo di stato - ha dichiarato che i leader ancora in carcere saranno rilasciati solo se i loro partiti “metteranno fine alle dimostrazioni e ai vandalismi”.

Le reazioni a queste parole non si sono fatte attendere. L’Umma Party ha rilasciato un durissimo comunicato ufficiale in cui afferma che è ormai chiaro che “ci sono cittadini sudanesi tenuti in ostaggio dalle forze di sicurezza per impedire che il popolo sudanese possa esprimere pacificamente il proprio rifiuto di un budget statale che li riduce alla fame”.

Lunedì anche gli ambasciatori dei paesi europei a Khartoum hanno richiesto congiuntamente al governo di rilasciare tutti i prigionieri politici ancora nelle mani dei servizi di sicurezza. Hanno anche sottolineato la necessità di garantire libertà di stampa e di dimostrare pacificamente, diritti riconosciuti dalla costituzione del paese. Hanno infine chiesto che venga tolto lo stato di emergenza in vigore in due degli stati federali. Particolarmente preoccupante è la situazione nello stato di Kassala, dove sono stati dispiegati sul confine con l’Eritrea migliaia di miliziani delle Rapid Support Forces e altri reparti dell’esercito. (Sudan Tribune / The Citizen)


http://www.azionenonviolenta.it/giornata-digiuno-preghiera-impegno-la-pace/ 
A ciascuno di fare qualcosa per la pace. Venerdì 23 febbraio il Movimento Nonviolento aderisce all’appello di papa Francesco

“Ognuno può dire concretamente ‘no’ alla violenza per quanto dipende da lui o da lei. Perché le vittorie ottenute con la violenza sono false vittorie; mentre lavorare per la pace fa bene a tutti”,  così dice Papa Francesco che porta l’attenzione particolarmente sulle sofferenze dimenticate e trascurate “delle popolazioni della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan”

Il Papa invita “anche i fratelli e le sorelle non cattolici e non cristiani ad associarsi a questa iniziativa nelle modalità che riterranno più opportune”.

E’ un invito che raccogliamo volentieri e riproponiamo come Movimento Nonviolento anche ad altri. “Tanto dilagheranno violenza e materialismo, che ne verrà stanchezza e disgusto“, scriveva Aldo Capitini nel 1936 in pieno regime fascista, nell’indifferenza generale, se non nell’ostilità, anche delle gerarchie ecclesiastiche di allora, ancora legate alla teologia della guerra giusta.

Qualcosa era già mutato anche prima, ma con il pontificato di Bergoglio l’annuncio profetico della nonviolenza si è fatto costante e preciso. In quest’uomo di religione sentiamo presente la convinzione che “la nonviolenza è il punto della tensione più profonda tesa al sovvertimento di una società inadeguata”. Di questa tensione abbiamo bisogno per affrontare positivamente una violenza crescente, in campo internazionale e interno ai diversi Paesi. Compreso il nostro.

Papa Francesco ci esorta a domandarci “che cosa posso fare io per la pace?”

Rispondiamo ancora con le parole di Capitini: vogliamo “sottrarre l’anima ad ogni collaborazione con l’errore della violenza, ed instaurare subito, a cominciare dal proprio animo (che è il primo progresso), un nuovo modo di sentire la vita: il sentimento che il mondo ci è estraneo se ci si deve stare senza amore, senza una apertura infinita dell’uno verso l’altro, senza una unione di sopra a tante differenze e tanto soffrire. Questo è il varco attuale della storia“.

Per queste ragioni il Movimento Nonviolento invita tutti ad unirsi il prossimo 23 febbraio alla Giornata promossa da papa Francesco, attraverso il digiuno, l’impegno, la preghiera, o una laica meditazione per la pace.

Movimento Nonviolento

via Spagna, 8 – Verona