A 50 ANNI DAL CONCILIO. LETTURA DELLA GAUDIUM ET SPES




Tante volte ho letto la Gaudium et Spes,  il documento più nuovo del Concilio. Sempre mi ha affascinato, sempre illuminato. Ma ora, a 50 anni dal concilio, mi appare ancora più bello e vero. Lo gusto. Lo ritrovo anche all’inizio del messaggio della Pace, di questo mese di gennaio 2013.

Per questo, cogliendo anche la bella provocazione del calendario del Missionario,ben curato e lucido, mi pare bello dedicare alcuni articoli a questa Costituzione Conciliare, emanata al termine del Concilio, il 7 dicembre 1965. Il giorno prima che finisse. Per dire quanta fatica vi sia in essa. E quanto bello sia rileggerne i passi della sua costruzione.
E’ quanto mi propongo, se Dio ci darà luce e forza, lungo quest’anno che viene dedicato appunto al Concilio, per ravvivare la nostra fede.

Un metodo: per capire bene e coglierne la novità del documento conciliare, utilizzo la scia luminosa lasciataci dalla vita di papa Giovanni XXIII. Nessuno meglio di lui, nel suo cammino terreno, incarna quel documento. E nessuno più di lui l’ha intuita, proprio mentre indiceva, contro il parere di molti, l’assise conciliare.



Se c’è la Gaudium et Spes è perché c’è stato papa Giovanni! E percorrendo la sua vita, sento che quelle parole acquistano una forza maggiore, perché già anticipate e testimoniate dal cuore di un prete, di un vescovo e di un cardinale che dello stile solidale con il mondo ha fatto sempre la sua dedizione.
Provate infatti a rileggerne l’inizio, il famosissimo Proemio: “Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi,dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore”.
Leggetelo bene e ditemi se non vi vedete quel Papa che decide di visitare le carceri e tra l’incredulità e lo stupore di tutti, racconta come anche un suo zio era finito in galera per un piccolo sbaglio. Un gesto dove vedi che non va in quell’ambiente per condannare; nemmeno per dire parole vuote. Ma vi entra per condividere tristezze e angosce, gioie e speranze. Proprio perché la Chiesa “si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e la sua storia”.
Siamo ben lontani dal”Sillabo” di Pio IX. Che pur aveva precisi e diretti contenuti di forza e di chiarezza. Ma lo stile, ora, proprio per questo contadino fatto Papa, ora il tono è nettamente diverso. Semplice, chiaro, bello, vero! Anche il salto con papa Pacelli è evidente. Esce dal Palazzo del Vaticano. Scende tra la gente. Visita ospedali, inizia la Visita alle parrocchie romane lontane, che devono affrontare enormi problemi di periferia. Ascolta e capisce.
Proprio come scrive il documento Gaudium et Spes, ai numeri 42.43 e 44. Sono un piccolo trattato dello stile nuovo che il concilio introduce nella Chiesa. Si parla infatti dell’aiuto che la Chiesa intende offrire e dare all’attività umana per mezzo dei cristiani. Ma anche dell’aiuto che la chiesa intende ricevere dal mondo contemporaneo.
Non è più una chiesa in cattedra, che solo insegna. Ma una comunità che ascolta, che segue, che trepida, che lotta con la sua gente. E perciò può parlare!
Da chi ha appreso questo stile il concilio? Dove l’ha visto riflesso?
Proprio in papa Giovanni, che a sua volta lo ha imparato dalle sue origini contadine. Ed un contadino sa che deve saper attendere, con pazienza e tenacia, il raccolto!
E’ la pazienza che poi mons. Roncalli deve vivere, ogni giorno, mentre è nunzio, per quasi 20 anni, prima in Bulgaria (1925-34) e poi in Turchia (34-44). Luoghi dove i cattolici sono un pugnetto di credenti. Soli, dispersi, isolati. Ma tenaci, forti come le radici degli alberi. Che non si vedono ma che danno vita all’albero maestoso. E’ l’incontro con i cuori di chi ha una fede diversa dalla cattolica. Il dialogo anche con l’Islam. Anni in cui papa Giovanni intuisce e verifica che “quello che ci unisce tra uomini di fede diversa è molto di più di quello che ci divide!”.
Il succo di tanti testi conciliari è qui: dal vivo lui lo ha sperimentato. E lo insegna, con il suo sorriso. Anche quando riceve un alto funzionario russo, di consolidato ateismo. Non si imbarazza. Ma gli chiede, con naturalezza, il nome dei suoi nipotini. E nasce un sorriso, che si fa ponte. Non muro. Non ostacolo, ma cuore che si innesta nel cuore dell’altro. Con quella cordialità che conquista. Tutti. Lui ha studiato bene ed insegnato Storia della Chiesa. Conosce bene l’opera di san Carlo Borromeo, nella diocesi di Bergamo. Non è un ingenuo. Né un buonista. Ma un uomo di radicata fede. Con la quale legge il suo tempo; ma con gli occhi di Dio non dei profeti di sventura. Ed è l’intuizione dei segni dei tempi che regge tutto il documento. Specie nella prima parte, dove si esamina “la condizione dell’uomo nel mondo contemporaneo”. Ed è su questa lettura, vera e lucida, ma fatta con cuore “solidale”che si innesterà l’azione della Chiesa nei confronti della “vocazione” dell’uomo: dignità, comunità, attività, missione”. Quattro analisi, in quattro capitoli luminosi. Che diventeranno poi, nella seconda parte, quattro “problemi più urgenti: famiglia, cultura, economia, pace”. Ecco come è fatto il documento. Ben schematizzato. Difficile da sintetizzare nei suoi singoli punti, perché vastissimo. Ma semplicissimo nella sua formulazione: la Persona, la Società e la Chiesa.
Ma il cuore resta in tutto il suo svolgersi quello che papa Giovanni leggeva nella mattinata dell’11 di ottobre 1962, nel celebre suo discorso di inizio, che incominciava con un Volo di speranza e di gioia: “Gaudet Mater Ecclesia”. Cioè “Gioisce la Madre Chiesa!”. Gioisce, perché vede che è lo Spirito santo a condurre avanti il cammino della Chiesa. Perciò, gioia e fiducia. Che impongono però alla Chiesa di “cambiare atteggiamento”. Niente profeti di sventura. Niente previsioni catastrofiche. Anzi, papa Giovanni afferma che “nel presente momento storico, la Provvidenza sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani, che per opera degli uomini e per lo più al di là dello loro stesse aspettative, si volgono verso il compimento di disegni superiori e inattesi e tutto, anche le umane avversità, dispone per il maggior bene della Chiesa”.
Anticipa quel bellissimo tratto della Lumen Gentium, che sempre mi ha sostenuto: “La Chiesa prosegue il suo pellegrinaggio terreno tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio… trovando forza per vincere con pazienza e amore le sue interne ed esterne afflizioni e difficoltà e per svelare al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il mistero di Lui, fino a che alla fine dei tempi, sarà manifestato nella pienezza della sua luce”. (n.8).
Proseguiremo, in altri articoli, questo meraviglioso ed arduo cammino di fedeltà, tracciato dalla Gaudium et Spes. Mano nella mano, solidale con il cammino di ogni uomo e di ogni donna, sulla strada della vita, misteriosa ma affascinante!

f.to +p. GianCarlo, Vescovo