Meditazione Domenica XXXIIIa

  


Ricordiamo davanti a te, o Signore

Si continua a morire in mare nei viaggi della speranza. Cento le persone che hanno perso la vita in due naufragi al largo della Libia.

Sono 24 milioni le persone bisognose di assistenza nell'area dell'Africa colpita da siccità, guerre e pandemia.

Nel 2019, 690 milioni di persone non avevano cibo a sufficienza e il Covid-19 ha posto altri 130 milioni di persone a rischio carestia entro la fine del 2020.

Etiopia. Decine e forse centinaia di civili uccisi la notte del 9 novembre nella città di Mai Kadra, nel sud-ovest del Tigray. I responsabili sarebbero combattenti del Fronte di liberazione popolare del Tigray.

Angola. La festa dei 45 anni di indipendenza è stata segnata ieri da duri scontri a Luanda tra polizia e manifestanti che chiedono migliori condizioni di vita. Almeno una persona è morta e diverse sono rimaste ferite.

L’attivista libica Hanan al-Barassi è stata assassinata in pieno centro a Bengasi, il capoluogo della Cirenaica sotto il controllo del generale Khalifa Haftar.

Mozambico: oltre 50 persone uccise da jihadisti nel nord del paese.

L'uragano Eta si abbatte sull'Honduras, almeno 57 morti.

Signore, abbi cura di noi: Kyrie eleison...

Aiutaci a custodire la speranza
Nel campus del Policlinico Gemelli di Roma, prosegue l’attività di accoglienza della struttura della Comunità di Sant’Egidio, per i poveri e i senzatetto

A Mazara del Vallo è stata inaugurata la struttura che darà sostegno abitativo ai padri che, a causa della separazione, non hanno i mezzi di sussistenza.

60 leader cristiani, ebraici musulmani, indù e sikh britannici hanno scritto una lettera congiunta al premier Boris Johnson perché il Governo prepari sin da ora un ambizioso piano nazionale per il clima contro il surriscaldamento del pianeta

Nell’ambulatorio sotto il Colonnato, aperto dalle 8.00 alle 14.00, gestito ad opera dell’Elemosineria Apostolica, possono effettuare il tampone le persone in necessità, che devono avere accesso ai dormitori o vogliono ritornare nella loro patria.

Otto organizzazioni non governative tunisine hanno lanciato un sito che consente ai cittadini di identificarsi e denunciare casi di violazione dei diritti umani nel paese.

In Colombia, si sono concluse positivamente le operazioni di salvataggio di 14 minatori rimasti intrappolati a 180 metri di profondità per una improvvisa.

A Gaza, il Centro di astronomia e scienze spaziali organizza attività e serate dedicate alle stelle. «Guardando le stelle, la noia, le sofferenze e i problemi di tutti i giorni qui spariscono di fronte a qualcosa di così bello come una stella sospesa nello spazio», dice Ibrahim Saad, un giovane laureato.

Per la bontà che abita nel cuore umano e per coloro che si mettono a disposizione del bene, a te la lode e la gloria, o Signore: Gloria in excelsis Deo



Meditazione XXXIIIdomenica

Ti ringraziamo, o Signore, per la fiducia che accordi a ciascuno nel consegnare te stesso e il tuo vangelo a noi, esseri umani segnati da non poche fragilità. Dona anche a noi di fidarci gli uni degli altri. Amen

Pr 31, 10-13. 19-20. 30-31 1Ts 5, 1-6

Mt 25, 14-30

«Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.
Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro.
Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.
Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.
Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».


Il brano è collocato alla fine dell’attività pubblica di Gesù a Gerusalemme. Dopo questi discorsi, entrerà nel cammino di passione e morte. Possiamo quindi pensare che i messaggi assumano un significato di “testamento spirituale”: verso la fine, si comunicano le cose che più contano, ossia ciò che può rimanere come tesoro da custodire anche per il dopo.

Osservando poi alcune sottolineature del testo; l’evangelista ama rimarcare il tempo di un’attesa durante la quale la comunità dei discepoli e discepole non deve abbandonarsi all'affievolimento. Il padrone infatti partì e dopo molto tempo fece ritorno. In questa fase i temi che riguardano la fine vengono, poco alla volta, ad assumere più i toni delle cose importanti. Ogni momento è in questa fase tra il già consegnato e il non ancora. per ognuno c’è la consegna di una promessa che, se accolta e vissuta, realizza in ogni momento il ritorno del Signore.

Entrando poi in un contatto più immediato col testo, occorre renderci conto che Gesù si esprime col linguaggio della parabola. È una drammatizzazione tale che, oltre ad attirare l’attenzione, tende a rendere partecipe chi ascolta di una decisione che deve assumere in sé stesso. Essa dunque, man mano che sviluppa il racconto, convergere verso un centro, verso un unico messaggio. Una volta colto il cuore del messaggio, tutti gli altri elementi che compongono il racconto possono scomparire perché, dal punto di vista dell’esito narrativo, sono divenuti ormai ininfluenti. Dobbiamo quindi, per prima cosa, non identificare immediatamente il ritorno di quel signore di cui si parla nella parabola con il Signore del giudizio finale nell’atto di premiare o castigare in base alle buone o cattive azioni compiute. Ciò fa parte più della nostra immaginazione che del messaggio biblico.

Questa premessa sul linguaggio parabolico ha lo scopo di metterci in guardia di fronte ad una lettura fuorviante di sapore meritocratico che generalmente si concentra sul verbo trafficare per lodare l’iniziativa imprenditoriale. Una simile lettura capitalistica e moralistica viene continuamente, ed erroneamente, applicata in molti settori della vita: nell’ambito lavorativo – professionale, in quello educativo scolastico ed anche nella vita spirituale.

Stando al testo, viene subito precisato che i talenti non si confondono con le capacità. Tant’è che essi vengono distribuiti dal padrone in base alle capacità. Quindi i talenti distribuiti sono altra cosa dalle cosiddette capacità. Nel nostro linguaggio invece confondiamo le due cose fino a definire una persona “di talento” se questa possiede delle capacità particolari nel campo artistico o in quello scientifico.

L’altra cosa che va dunque precisata è che comunque anche il solo talento corrisponde ad una somma elevatissima, ventisei chilogrammi d’oro. In ogni caso, nell’affidare i suoi beni, il padrone è sostenuto da una fiducia estrema nei confronti dei destinatari.

Il cuore poi della narrazione, incentrato sul tema del ritorno, mette in sequenza la resa dei conti, uno dopo l’altro a cominciare da colui che ha ricevuto il maggior numero di talenti fino a quello che ne ha ricevuti di meno. Il punto di convergenza quindi è l’ultimo servo.

Ecco il punto focale: PER PAURA HO NASCOSTO IL TUO TALENTO (si noti che il comportamento del servo che nasconde il bene del padrone per custodirlo meglio è raccomandato dalla migliori scuole rabbiniche).

Il talento è Gesù stesso, e Gesù è l’amore, il suo messaggio, la vita nuova che è venuto a portare nella comunità e nel mondo, come si può essere ancora dominati dalla paura?

Gesù ci chiede di scegliere tra fiducia e paura. Ci sono tanti modi di nascondere il talento Gesù. Possiamo chiuderlo dentro i forzieri di una dottrina controllata dai dogmi, possiamo annacquare la paradossalità del vangelo con l’equilibrismo clericale; Gesù viene nascosto dalle formule liturgiche; il talento Gesù è nascosto e sotterrato quando le chiese sostengono di averne il monopolio esclusivo…


Sappiamo bene che la religiosità della paura può avere delle evoluzioni molto raffinate, persistenti, solidamente istituzionalizzate.

Alla fin fine, la drammatizzazione vuole condannare nell’atteggiamento dominato dalla paura l’impostazione di un rapporto sbagliato che non ha fatto sua la nuova condizione dei figli. I discepoli che non vivono più nella paura si sentono di casa e perciò gli interessi del padrone sono i loro stessi interessi. Agiscono con libertà e creatività perché sanno che il Signore ha loro accordato una fiducia immensa e pertanto, non vi è alcuna ragione da temere.

Le parole poi del servo “so che sei uomo duro…che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso” richiamano un testo importante di Es. 5, 6-11

6 In quel giorno il faraone diede questi ordini ai sorveglianti del popolo e ai suoi scribi: “Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevate prima. Si procureranno da sé la paglia. 8 Però voi dovete esigere il numero di mattoni che facevano prima, senza ridurlo. Perché sono fannulloni; per questo protestano: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al nostro Dio! 9 Pesi dunque il lavoro su questi uomini e vi si trovino impegnati; non diano retta a parole false! ”.

10 I sorveglianti del popolo e gli scribi uscirono e parlarono al popolo: “Ha ordinato il faraone: Io non vi dò più paglia. 11 Voi stessi andate a procurarvela dove ne troverete, ma non diminuisca il vostro lavoro”.


Il problema di fondo quindi che ogni credente deve chiarire, non è quello di essere più bravo, più impegnato, laborioso ecc., ma di chiarire in se stesso se il suo rapporto con il Signore è un rapporto da schiavo, come con un Faraone, oppure da figlio amico, cioè di amore fiducioso e di condivisione.


Salmo 127

Beato chi teme il Signore

e cammina nelle sue vie.

Della fatica delle tue mani ti nutrirai,

sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda

nell’intimità della tua casa;

i tuoi figli come virgulti d’ulivo

intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto

l’uomo che teme il Signore.

Ti benedica il Signore da Sion.

Possa tu vedere il bene di Gerusalemme

tutti i giorni della tua vita!